Sinossi

Dopo un incidente di parapendio che lo ha reso paraplegico, il ricco aristocratico Philippe assume Driss, ragazzo di periferia appena uscito dalla prigione, come badante personale. Questi due uomini si incontrano per caso e diventano l’uno indispensabile alla vita dell’altro. Non lo sanno ma possiedono un dono che ognuno può̀ donare all’altro: la leggerezza. Ridere sarà il veicolo segreto per arrivare a comprendere ancora di più i meccanismi che regolano la vita e i destini di questi uomini. Ridere di sé e dell’altro per conoscere di più̀ in profondità chi ci sta davanti. L’adattamento per il teatro del soggetto e della sceneggiatura di “Quasi amici” permette di dilatare le emozioni e raccontare ancora più nell’intimità il percorso che compiono i due protagonisti.

Note di regia

Per la regia mi sono immaginato un grande spazio aperto, un grande panorama illuminato come una giornata estiva, una notte autunnale, un pomeriggio piovoso. E un piano inclinato che dirada verso il proscenio e che racchiuda al suo interno tutti i luoghi della vicenda, che si aprono e diventano a volte studio, camera da letto, salotto, a volte ristorante eccetera. Ma poi richiudendosi all’interno del praticabile ci restituiscono solo una pianura inclinata in cui far scivolare dolcemente la sedia a rotelle o faticosamente spingerla in salita. Un non luogo esterno che potrebbe essere una spiaggia con il mare davanti, la platea, o un prato dove volano i parapendii e dove nel finale, per realismo magico, seguendo un aquilone che Driss fa volare nel vento di un pomeriggio, Philippe finalmente acquisisce la sua leggerezza e si stacca dalla sua sedia a rotelle e vola come se fosse sul parapendio lasciando finalmente quella sedia che lo schiacciava verso la gravità più̀ pesante del mondo.
Philippe ha perso la gravità.
Ha imparato la leggerezza e Driss, la leggera profondità̀ che non lo fa volare e tiene Philippe ancorato a sé, come un riferimento importante.
La loro amicizia, una centratura, per vivere ed essere uomini un po’ più̀ consapevoli della meraviglia e poter ridere, finalmente a crepapelle.
Alberto Ferrari.