Sinossi

Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare è sicuramente una delle più famose commedie del teatro elisabettiano, probabilmente la più rappresentata sui palcoscenici di tutto il mondo occidentale.
Racconta delle vicende di quattro innamorati che si inseguono in un bosco incantato, popolato dalle fate, dal loro re Oberon, con quel pasticcione del suo servo – il celebre Puck – e dalla regina Titania.
Tra loro anche gli artigiani, che, come in una filodrammatica di paese, proprio in quel bosco, allestiscono un improbabile dramma classico, soggiogati dalla incontenibile esuberanza di Nick Bottom, tessitore ed attore amatoriale, il quale ama il teatro al punto da farlo letteralmente a pezzi.

Note di Regia

Cosa può raccontarci oggi questa splendida favola?
Mi pare che il perno centrale di una lettura moderna di quest’opera sia il mistero della tempesta biologica dell’innamoramento, una sequenza biochimica di emozioni che per durata ed effetti vince su qualsiasi altra droga, più o meno naturale. L’amore è un vero mistero.
Gli antichi avevano immaginato un bimbo alato, capriccioso e bendato che scoccava frecce nel cuore di chi doveva innamorarsi: Cupido.
Ma il rapporto di questo testo con la biologia non finisce con la tempesta biochimica dell’amore; i continui litigi tra Oberon e Titania, stanno mandando fuori sesto la natura, la sua armonia.
I loro alterchi stanno mettendo in serio pericolo il clima del pianeta, con conseguenti catastrofi a noi molto familiari: quali esondazioni di fiumi, carestie e pestilenze in varie parti del pianeta.
E che dire dell’eccessivo amore per il teatro che appassiona la scalcagnata compagnia di dilettanti? Si tratta di passione, appunto.
Questo è un testo di giovani che parla ai giovani; giovani nel pieno delle loro tempeste ormonali; penso che mai Shakespeare avrebbe immaginato che giovani di altre epoche, successive alla sua, così lontane nel tempo, si sarebbero messi a marciare non per una guerra, ma per cercare di rimettere in equilibrio la natura.
Mi riferisco ai movimenti spontanei sorti per difendere la nostra stessa sopravvivenza sul pianeta, un tema complesso con un corollario di problematiche che toccano le incredibili diseguaglianze sociali ed economiche tra i popoli della terra. I giovani di oggi marciano.
Non credono più nelle favole, ma sono pienamente consapevoli della meno divertente e molto pragmatica avidità umana.
È a loro, a chi resterà dopo di noi, a chi vedrà la fine di questo secolo, che mi piacerebbe dedicare questa nostra ultima fatica.
A loro mi piacerebbe dedicare questo Sogno. La velocità del progresso tecnologico mi impedisce di immaginare come saranno quei giovani verso la fine del XXI secolo.
Mi guardo intorno, e li vedo pieni di passione per la vita, che quando si innamorano lo fanno perdutamente, che hanno un futuro ancora tutto da costruire e penso saranno migliori di noi.
Questo è sicuro. Io ci credo davvero. E questo infiamma di passione anche me e i miei compagni. Questa passione si trasformerà in puro divertimento, con la nostra consueta semplicità. Era un testo che presto o tardi avremmo dovuto incontrare. Ed eccoci qui. Con un sogno… di una notte di mezza estate… pieno di speranza per il futuro.

Premi

Sogno di una notte di mezza estate vince il Premio Mulino Fenicio del 55° Festival Teatrale di Borgio Verezzi.
Il premio è stato istituito dal comune di Borgio Verezzi e dall’avvocato Luca Finocchio Mapelli per dare un riconoscimento “alla scenografia più geniale del Festival, che si collochi fra tradizione e innovazione, da scegliere tra quelle degli spettacoli in prima nazionale”.
Questa la motivazione: “aver saputo coniugare le origini, quando gli spettacoli venivano rappresentati a scena spoglia o con pochi arredi (e qui gli unici oggetti sul palco sono sedie i cui schienali sono contrassegnati ciascuno da una lettera dell’alfabeto e disposti in modo da comporre all’inizio la scritta “teatro povero“ e alla fine “povero teatro”), alla contemporaneità, utilizzando il fondale naturale della chiesa di Sant’Agostino che, con efficaci giochi di luci, si trasforma di volta in volta in bosco o in palazzo”.